DISPLASIA FIBROSA

La displasia fibrosa è una patologia benigna non ereditaria che colpisce il tessuto osseo. Di solito colpisce i bambini e i giovani adulti (di età inferiore ai 30 anni) con la stessa frequenza tra maschi e femmine.

Nelle persone affette da tale patologia l’osso “sano” viene gradualmente sostituito e rimpiazzato da tessuto fibroso generando così delle anomalie di forma dello scheletro e delle ossa facciali quando interessate. Esistono due varianti di questa malattia:

  1. displasia fibrosa monostotica quando interessa un singolo osso
  2. displasia fibrosa poliostotica se sono interessate più ossa o aree; il rapporto di frequenza è di 7 a 3.

La displasia fibrosa può interessare tutto lo scheletro; il distretto cranio maxillo-facciale è interessato nel 50% dei casi della forma poliostotica e nel 27% dei casi della monostotica.

Le strutture ossee del cranio e della faccia maggiormente interessate sono l’osso mascellare, la mandibola, l’etmoide e il frontale.

Da un punto di vista clinico la comparsa della malattia e la crescita del tessuto patologico genera una improvvisa asimmetria del volto che progressivamente diventa sempre più evidente fino a generare una voluminosa deformità. La displasia fibrosa non provoca dolore ed è totalmente asintomatica, ma ci può essere una importante compromissione delle funzionalità motorie, nervose e organiche causate dalla compressione esercitata dal tessuto patologico in crescita che può arrivare a occludere i canali ossei dove passano tali strutture.

Le principali funzioni che possono essere compromesse sono la vista e la vascolarizzazione nei casi in cui si abbia una rapida chiusura dei canali ossei in cui passano nervi o vasi.

La diagnosi si esegue clinicamente e radiograficamente: le lesioni sono estremamente ben definite e hanno una tipica rappresentazione radiografica.

Il trattamento è sempre chirurgico e, anche se non si tratta di una patologia maligna, conviene farlo il prima possibile per prevenire l’accrescersi del tessuto patologico e dover quindi sottoporre il paziente a interventi più impegnativi per l’asportazione della parte malata e la sua successiva ricostruzione.