UNA BAMBINA QUASI PERFETTA (Labiopalatoschisi)

Alessia Amatore

Voglio iniziare questa storia raccontandovi i miei ricordi, provando a non contaminare con la razionalità di una donna adulta quelle che sono state le sensazioni e le emozioni che hanno accompagnato la mia vita; ci voglio provare e spero di riuscire bene nel mio intento.

Sono Alessia Amatore e sono nata il 25 agosto 1988 a Crotone, una città calabrese. Sono nata con una Labiopalatoschisi monolaterale sinistra. Quando sono nata io ancora non esisteva l’ecografia morfologica per cui mia madre e mio padre hanno appreso la notizia solo dopo la mia nascita, ma questa è un’altra storia presente nella nostra raccolta ma scritta dalla mia mamma che ben l’ha vissuta (“Una storia da raccontare… Un bimba speciale”); io posso regalarvi solo i miei ricordi.

Ricordo bene di essere sempre stata una bambina molto timida. La mia timidezza, che forse oggi posso chiamare insicurezza, mi faceva stare spesso in disparte in situazioni in cui c’erano tanti bambini. Ho dei ricordi sfocati dei miei primi anni di scuola materna: ricordo che non ci andavo volentieri e che ogni volta che mia madre mi lasciava lì facevo molta fatica a giocare con gli altri bambini che non perdevano mai occasione per sottolineare la mia “strana cicatrice” o le mie labbra poco simmetriche; questo mi faceva sentire sempre molto arrabbiata. Mi ricordo che non ero triste perché non piangevo spesso lì, anzi tenevo tutto dentro e tornavo a casa carica sfogando tutto sui miei genitori che mi accontentavano sempre in tutto e per tutto.
Volevo restare a casa, non volevo andare in quel posto dove tutti mi prendevano in giro: ricordo infatti con molta felicità quando arrivava l’estate e io e la mia famiglia ce ne andavamo in una casetta in campagna a due passi dal mare meraviglioso di Capocolonna. Lì ero protetta, giocavo tutto il giorno con le mie sorelle che nonostante i litigi erano sempre pronte a difendermi a spada tratta da quei bambini che mi deridevano in continuazione. Quando arrivava l’ora del risveglio io e la mia famiglia montavamo sulla fiat 500 blu e andavamo tutti al mare; erano quei momenti in cui non mi sentivo diversa, in cui gli sguardi che mi venivano rivolti erano sguardi d’amore; per loro ero solo Alessia la piccola ultimogenita viziatella e rompiscatole.

Arrivò il primo giorno di scuola elementare.
Ricorderò quel giorno per tutta la mia vita.
Stranamente ero entusiasta di iniziare la scuola, carica di aspettative e con tanta voglia di imparare. Ricordo mamma che mi preparò lo zaino dell’Albero Azzurro che amavo tantissimo e mi diede un bacio raccomandandomi di fare la brava. Saltai in fretta in auto con il mio papà che lavorava al comune di Cutro (paese in cui ho vissuto fino a 19 anni) che era proprio di fronte la mia Scuola. Entrata a scuola, mi accompagnarono nella mia classe; c’erano volti noti e volti nuovi, subito mi avvicinai ad una mia compagna conosciuta alla scuola materna e anche in quel momento mi sentivo sicura, ma dopo ruotando il capo vidi facce nuove che mi fissavano e non persero occasione alla prima ricreazione per prendermi in giro utilizzando un nomignolo che ancora oggi dopo 28 anni, solo sentirlo pronunciare mi fa stringere la gola talmente tanto da sentirmi soffocare: “MUSO STORTO”.
Sì, io ormai non ero più Alessia, ero solo la bambina strana.
Tornai a casa per la prima volta in lacrime, forse perché ero più grande e consapevole o forse perché le mie aspettative del primo giorno di scuola erano tutte crollate. Non saprei dire adesso senza contaminare, so solo che questa cosa si ripetè ogni giorno per circa 4 anni.
Ricordo le volte in cui esausta scappavo di nascosto da scuola sgattaiolando verso il mio “posto” sicuro, dal mio Papà così alto e grosso che riusciva sempre a proteggermi e ogni volta che scappavo mi comprava la cioccolata facendomi promettere che una volta terminata sarei tornata a scuola, ma puntualmente non mantenevo la promessa.
Nonostante ciò ero una bambina diligente, facevo i compiti e mi piaceva studiare. La materia che preferivo era italiano, leggevo così tanto… forse perché ogni volta che partivo per Roma il dottore Standoli mi faceva leggere e urlare per sentire la mia voce squillante. Lui mi ripeteva sempre che ero una bambina fortunata perché avevo una bella voce energica e chi nasce con la Labiopalatoschisi non sempre ha questa fortuna.
Ricordo le continue partenze a Roma, quasi ogni mese, chirurgo, logopedista, otorino, dentista e chi più ne ha più ne metta. Ricordo anche che ogni volta che andavamo a Roma era una toccata e fuga ma io frignavo sempre per passare da un famoso fast food per prendere il mio Happy meal e tornavo esausta ma felice.
Ho affrontato il mio primo intervento a sei mesi e fortunatamente non ricordo nulla, ma ricordo il mio secondo intervento a otto anni. Ero pronta per un innesto d’osso per la ricostruzione della gengiva dell’incisivo sinistro, innesto fatto prelevando della cartilagine dal fianco destro E’ stato uno degli interventi più brutti in quanto non sono riuscita ad alzarmi per un po’ dal letto e appena sveglia dall’anestesia ho rimesso un sacco di sangue ingurgitato durante l’intervento; ma nonostante questo durante quella degenza ho conosciuto tantissimi bambini e con loro mi sentivo me stessa, mi sentivo felice. Sembra strano ma a me piaceva un sacco andare al Bambin Gesù che era il mio secondo luogo sicuro: lì mi sentivo a mio agio, mi sentivo Alessia e non “muso storto”; li c’erano tanti bambini come me che mi sorridevano e tutto ad un tratto non ero più poi così timida, anzi ero divertente e gioiosa e ricordo che facevo delle bellissime e lunghissime partite ad “Uno”, un gioco di carte che mi aveva regalato il mio papà insieme ad altri mille giochi che mi comprava sempre quando mi ricoveravo. Non so cosa sia successo di preciso dopo quell’intervento benché il mio aspetto non cambiò molto ma io si, ero più sicura mi sentivo più forte, non scappavo più da scuola e in quinta elementare ho partecipato anche ad una bellissima recita.

Nel frattempo durante gli anni delle scuole elementari abbiamo venduto l’adorabile casetta in campagna e acquistato una casa al mare in un villaggio turistico all’interno di Le Castella, un paese non molto distante dal mio. In questo villaggio ho conosciuto tantissima gente che proveniva non solo delle zone limitrofe ma da altre città d’Italia. I bambini che venivano da Roma non mi chiamavano “muso storto”, ma giocavano con me e io con loro non mi sono mai sentita diversa. Forse adesso so perché ma allora non lo sapevo, quindi mi convinsi che un giorno sarei andata a vivere proprio lì dove la gente era più buona, perché non era un caso che in ospedale non mi prendevano in giro e non lo facevano nemmeno i bimbi conosciuti al villaggio che venivano da li.

Iniziai le scuole medie e dovetti fare altri due interventi: uno a undici anni e un altro verso tredici anni e mezzo, forse 14, non ricordo bene.
Ricordo il periodo delle scuole medie caratterizzato dall’ansia e dell’insicurezza; i miei compagni non mi prendevano più in giro (perlomeno non lo facevano più davanti a me), ma non mi sentivo mai parte di un gruppo perché le mie amiche erano tutte così belle e così perfette, gli altri ragazzini le guardavano, a me invece non mi guardava mai nessuno.

Iniziarono le prime cotte non corrisposte, le prime “dichiarazioni-prese in giro” e tante e tante altre cose che mi ferivano un sacco. Era la preadolescenza che si faceva sentire e il peggio doveva ancora venire, pensai. In realtà non fu così perché nonostante mi sentissi brutta, ma brutta brutta, ero forte, così forte che non piangevo più nemmeno quando le voci delle derisioni mi arrivarono alle orecchie. Piuttosto ridevo. Una volta venni a sapere che un ragazzo di un’altra scuola mi aveva sopranominata “picasso” e non di certo per la mia vena artistica.

Insomma superato anche il periodo delle scuole medie arrivò il liceo. Scelsi il liceo Pedagogico perché già da tre anni ero certa di voler fare la psicologa e quella scelta fu la più azzeccata. Se potessi tornare indietro opterei rifarei la stessa scelta sapete perché? Perché in quel liceo eravamo tutte donne e per un’adolescente che si sente bruttina con dei difetti fisici non frequentare il sesso opposto ogni giorno è una salvezza; forse oggi chiamerei la mia scelta “meccanismo di difesa” ma ora inizio a razionalizzare… meglio andare avanti.

Iniziai il mio primo anno di Liceo con il naso gonfio a causa di un intervento fatto un paio di giorni prima dell’inizio della scuola. Ricordo che mi sentivo super carica perché uscivo dal mio paese per frequentare il liceo in città e pensavo che finalmente avrei conosciuto gente nuova con la mente più aperta, per scoprire poi che Crotone non era altro che un grosso paese travestito da Città. Gli anni passarono e con loro anche gli interventi aumentavano e io iniziavo a sentirmi sempre più sicura nonostante evitassi il sesso maschile. Nella mia scuola mi sentivo protetta ma aspettavo con ansia l’estate per rivedere il mio gruppo di amici del villaggio, con loro mi sentivo davvero alla grande,.

Negli anni dell’adolescenza ho maledetto un sacco il mio problema fisico perché non mi vedevo bella, anzi pensavo che se non avevo avuto mai un ragazzo la colpa era proprio di questo stupido naso e delle mie stupide labbra.
Ora posso dire che la colpa, se proprio a qualcuno la dobbiamo dare, era la mia che mi sentivo diversa anche quando nessuno me lo diceva.

A 16 anni finalmente d’estate arrivò il primo bacio, un ragazzo che mi trovava bellissima e mo lo diceva sempre. Io ero super emozionata ed ero certa che questo miracolo fosse stato causato dall’intervento fatto un paio di mesi prima. Lui non mi piaceva tantissimo ma le sue attenzioni mi facevano così piacere che me le prendevo tutte, ma come ogni storia adolescenziale estiva finisce con la sua partenza. Da li iniziai ad acquisire più sicurezza e al quinto anno di liceo trovai la forza di girare per tutta la scuola a fare propaganda elettorale per diventare rappresentante d’istituto.
Ero sempre in prima linea, sempre in evidenza, ero finalmente uscita dal mio bozzolo e affrontavo il mio sentirmi “diversa” con faccia tosta e mettendomi sempre in mostra: adesso la gente doveva vedermi, doveva vedere che Alessia non era solo un viso imperfetto ma c’era ben altro, c’era la forza di chi a 18 anni aveva affrontato ben cinque interventi chirurgici e che ancora non aveva nessuna intenzione di fermarsi.

Finito il liceo scelsi di partire per l’università grazie alla mia famiglia che mi è sempre stata vicina e che non mi ha mai frenata, mi ha sempre spronata ad esaudire tutti i miei desideri camminando a testa alta.
Sono partita per Roma lasciando finalmente il paesello, da sola con la mia forza e con l’aiuto di amici di famiglia che considero secondi genitori che mi hanno vista crescere e hanno sempre aiutato la mia famiglia dandole un tetto a Roma in occasione di ogni nostro viaggio.
Il mio sogno si era finalmente avverato: ero una studentessa di Psicologia all’Università La Sapienza di Roma.
A partire da quel periodo la mia vita sociale è stata tutta in discesa, più semplice, ho conosciuto persone fantastiche fatto esperienze che mai pensavo un piccolo baco nel suo bozzolo potesse fare, sono cresciuta forte e concedetemelo anche BELLA, si perché io mi sento BELLA, non mi sento perfetta e forse non mi ci sentirò mai, ma nella mia imperfezione mi sento BELLA.

Ora ho ventotto anni, sono una neo psicologa alla ricerca della mia strada, con tutti i problemi che può avere una giovane donna come tante, sono fidanzata da tre anni con un uomo meraviglioso che ogni giorno che passa mi fa sentire bellissima, ho tanti amici che mi vogliono bene, un nipotino che è la mia vita e una famiglia che ha un sacco di difetti come ogni famiglia ma una valanga di pregi. E’ grazie a loro se sono stata così forte. Sì, è vero forse, i miei genitori hanno commesso degli errori quando sono nata, commessi forse perché nessuno ha detto loro come comportarsi, perché nessuno ha dato loro la corretta informazione circa questa patologia, non solo per quanto concerne l’aspetto fisico, ma per quelli che sono i risvolti psicologici che ogni famiglia dovrebbe conoscere,.
L’informazione è il perno di ogni cosa, non solo per chi vive questo problema, ma anche per chi non lo vive così che nessun bambino debba sentirsi deriso da un coetaneo, così che nessun bambino debba scappare da scuola. Invece un bambino deve crearsi il proprio posto sicuro dentro di sè, avendo fiducia in se stesso, senza sentirsi in colpa per non essere perfetto, perché se c’è una cosa in cui la Labiopalatoschisi ha avuto un gran merito è rendermi quella che sono, perché se non fossi nata affetta da tale patologia oggi sarei sicuramente diversa e io mi piaccio così.

La sicurezza in quello che siamo sicuramente ci arriva dal nostro aspetto e per questo ringrazio i dottori che mi hanno reso oggi bellissima ai miei occhi. Ringrazio il dott. Mario Zama che non è stato solo il mio chirurgo, ma è riuscito a comprendere davvero perché chiedevo di più e a non farmi sentire noiosa e inadeguata nel chiederlo. E’ anche necessario che un bambino senta la sicurezza dentro di sé e grazie al supporto della propria famiglia.

Io non sono mamma e non so se e quando lo diventerò. Sarei ipocrita nel dire di non avere paura che mio figlio possa nascere con la mia stessa patologia, ma se questo dovesse accadere, spero di riuscire ad affrontarlo con forza affinché mio figlio possa sentirsi sempre protetto e mai solo.

Ringrazio BA.BI.S Odv “la banda dei bimbi speciali” che considero un figlio; la ringrazio perché ci ha permesso di dare voce ai nostri vissuti e di poter dare forza a chi si sente sprofondare nel baratro dopo aver appreso che il proprio bimbo nascerà con tale patologia. A questi ultimi vorrei dire : “non siete soli, non sentitevi mai soli”.

Lo specchio ogni qual volta ci guarderemo ci rimanderà sempre la stessa immagine; siamo noi che dobbiamo imparare ad amare quell’immagine e renderla la cosa più bella che i nostri occhi possano vedere.

Alessia

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